Seduta su una panchina a Civitanova Marche cerco l’ispirazione per ripartire alla volta di Pescara. C’è un umidità assurda, il cielo leggermente coperto. Il mio naso si sta decomponendo causa ustione ed io so già che oggi più di 100 km, quasi 120, non riesco a farli perché la mia testa dice già no. L’idea è quindi di arrivare fino a San Benedetto del Tronto e poi da lì prendere un treno.
Sono stati giorni intensi.
Tra Cervia e Pesaro è andato tutto piuttosto bene, tranne rendermi conto che i primi 5 km tra Cattolica e Pesaro erano tutti in salita, ma alla fine, imprecando amorevolmente, sono arrivata.
Pesaro è stata una bella sorpresa, volevo rubare La Grande Sfera ma non sapevo come portarla in bici.
Hotel 3 stelle scelto al solito a caso su booking ed una colazione che mi ha accompagnato fino a pranzo senza grossi problemi. Bellissimo il centro storico, dove mi sono persa, come mi capita sempre in queste città piatte.
A Genova mi oriento perché essendo lunga e stretta è più facile capire dove sono, ma in queste città pianeggianti, dove le case sono basse alla fine mi perdo sempre. Cammino spersa nei miei pensieri e poi acchiappo il gps del telefono. Sono un caso irrecuperabile.
Ieri mattina sono partita da Pesaro impaurita e con le gambe tremolanti: la testa era bella che andata e non sono riuscita a ingannarla abbastanza.
Ho impiegato lo stesso tempo di Ferrara-Comacchio per arrivare a Senigallia, con la differenza che erano 20 km di meno. Sarà stata la stanchezza ma Senigallia non mi è piaciuta molto.
Sono ripartita da lì dopo una pausa di un’oretta abbondante, troppo caldo per rimettermi in sella. Sono arrivata sui gomiti ad Ancona, fermandomi ogni 5 km: il vento forte mi ha accompagnato per tutto il tragitto e da poco prima di Falconara ad Ancona strade allucinanti e un traffico quasi criminale.
Proprio un attimo prima riflettevo che forse sarebbe il caso di cambiare copertoni (i miei sono tassellati da mountain bike ed in realtà faccio molto asfalto), poi ho ringraziato di averli: la strada era in condizioni così ottimali che praticamente ho fatto 25 km di sterrato.
Ancona, come tutte le altre città, l’ho vista veramente di sfuggita, ma mi ha affascinato moltissimo: praticamente casa. Il porto, il casino di traffico, le strade non pulitissime, il continuo saliscendi perché arroccata sul colle, tutte cose che mi hanno ricordato Genova. Inizio a sentire nostalgia di casa e delle mie belve. E vivo la continua contraddizione di voler rientrare e voler rimanere in viaggio (che poi il problema non si pone granchè, che non ho mica i soldi per stare ancora molto in giro).
Non mi ha mai abbandonato il pensiero che questo viaggio non me lo potevo economicamente permettere ed allo stesso tempo ne avevo profondamente bisogno.
In contraddizione perenne. Lo sono anche adesso: tra la consapevolezza che ho dato e sto dando a me stessa il massimo e il senso di fallimento che provo dal non aver pedalato tutto quello che avrei voluto.+
In compenso salire su un treno in bici è diventato pane quotidiano.
Come per il Garda, un viaggio così tanto itinerante è impegnativo. Penso sempre il prossimo sarà più easy, ma poi… il viaggio di luglio è sicuramente più breve (due notti fuori tra Verona Padova e Treviso) e poi c’è la Francigena il prossimo anno che però vorrei fare in tenda senza mai aver fatto campeggio (ovviamente).
Alla fine mi riconosco il pregio (?!?) di non mollare mai e di rilanciare sempre.
Ma la sfida è quella di rilanciare abbandonando la sensazione che non sto facendo abbastanza.
È giunto il momento di risvegliare il piede destro, che si è addormentato mentre scrivevo, e ripartire.
Con oggi giungerò a destinazione. Credo, anzi sono sicura, che domani non vorrò vedere Wilma manco di striscio e mi riposerò, e poi qualche giro prima di ripartire ci scapperà?!?
Ci si legge nei prossimi giorni.
Le altre tappe di questo viaggio: