Mi è capitato in questi giorni di ripercorrere i miei viaggi e con essi di raccontare degli errori fatti. Errori che nel momento in cui li vivevo mi sembravano gravissimi sbagli di valutazione, ma che adesso, a distanza di tempo, si sono trasformati in esperienza e aneddotti, anche divertenti da raccontare.
Non ne ho fatto tantissimi di viaggi, la maggior parte in realtà sono pedalate che ho unito in occasione dei vari corsi di ciclomeccanica frequentati in giro per il Nord Italia.
Quelli che considero i viaggi sono:
– il giro del lago di Garda: il primo in assoluto, agosto 2016
– Bologna-Ferrara-Pescara, a giugno 2017
– weekend lungo Verona-Padova-Treviso, a luglio 2017
Il Garda è stato il primo viaggio in assoluto, e da sola.
Sedici di bagaglio, quattordici di bici ed io, neo ciclista, che non aveva mai viaggiato e senza soldi.
Così ho deciso di prenotare con booking e mi sono data un limite plausibile di chilometri giornalieri.
La seconda tappa è stata in località Lumini, comune di San Zeno di Montagna: circa 700 mt s.l.m.
Anche la mia migliore amica abita ad una quota simile e ce la faccio ad andare da lei, con i miei tempi, ma ce la faccio. Peccato che non avessi calcolato la bici carica e, peccato, che ho deciso il percorso a sentimento: partita da Peschiera, ho fatto sosta a Lazise, per poi ripartire in direzione Affi, decidere di scendere a Torri del Benaco per poi risalire.
Ecco… Oltre alla quota, ho imparato che bisogna guardare in quanti chilometri la strada sale, ossia la pendenza. Così ho imparato a leggere le salite. Alla fine ho camminato per 10 km, con l’ansia di dormire fuori perché non sarei mai arrivata.
Il lato positivo di tutto questo? La polenta che ho mangiato a cena: anche se era agosto, faceva freddino a Lumini e la polenta è stata un grande premio di consolazione.

Il viaggio verso Pescara è nato, come per il Garda, per andare a conoscere una persona.
Non volevo passare un’intera giornata in treno (puoi viaggiare con la bici montata solo sui regionali), non volevo smontare la bici, gli aerei costano una follia ed avevo voglia di pedalare.
Errore numero uno, che è una grande esperienza che mi porterò dietro per sempre: mai viaggiare sui treni durante le feste nazionali, soprattutto se c’è modo di unirci un ponte di qualche giorno. Sono partita il 2 giugno e se non fosse stato per alcuni uomini molto gentili, che, dovendo scendere a Bologna come me, mi hanno fatto strada, sarei ancora bloccata sul treno.
Errore numero due: caricare di aspettative il viaggio. Anche in questo caso ho prenotato con booking le tappe ed ho osato decidere percorsi oltre i 100 km. In tre occasioni ho preso il treno: in quel momento è stata una sconfitta cocente. E anche adesso non l’ho digerita molto.
Ho pensato per molto tempo che avevo osato troppo con i chilometri: sono partita con zero allenamento, arrivando da un periodo casa-ufficio molto pieno e quindi poca possibilità di giri extra e solo i soliti 4 km scarsi giornalieri.
Dopo il weekend lungo verso Treviso (dove a chilometri non mi sono risparmiata), ho compreso che non era una questione di allenamento, ma di testa: mi aspettavo troppo, dimenticandomi che pedalo per divertimento e che viaggio per stare bene con me stessa.
Errore numero tre: non mi sono fidata del mio istinto e sono finita sulla Romea, la famosa Romea che, diciamocelo, la fama che la precede non la smentirò io.
Non ho gps (prima o poi quando il budget me lo permetterà lo comprerò) ed è da dopo quella tappa, che ho imparato ad aprire google maps e leggere le strade: non si può chiedere consiglio per una strada ad un’automobilista, perché è indubbio che ragionerà in modo diverso in virtù del fatto che si muove con un mezzo diverso.
Mi sono ritrovata sulla Romea perché dovevo arrivare a Cervia ma volevo vedere Ravenna. Partita da Ferrara ho deciso di andarmi a vedere le valli di Comacchio, ma ormai arrivata ero stanca e sono andata dritta a Comacchio. Insomma… un giro un po’ folle, che a ripensarci ora sorrido. Ho anche imparato quanto è importante la crema solare: sulla Romea ho preso un’ustione che ci ha messo più di tre giorni a passare.
Quando ero a Ravenna, in pizzeria, ho aperto booking per fare quello che tutti dicono: ma non stare a prenotare, ti vincoli troppo il viaggio, prenota all’ultimo. Con il mio budget mi mandava a Cervia.
Avevo prenotato a Cervia. Così ho mangiato ed ho ceduto al primo treno extra del viaggio verso Pescara.
Alla stazione ho fatto una delle esperienza di vita più comiche e belle che abbia mai vissuto.
Seduta in banchina ho fatto amicizia con alcuni ragazzi che andavano a ballare a Milano Marittima; con un capotreno fuori servizio in direzione Rimini, da cui avrebbe preso servizio il giorno dopo; la capotreno giovanissima, più o meno di 24 anni, molto gentile e austera; un’ubriacona con il cane a cui ho regalato due euro per il biglietto, che mi ha ubriacato mentre mi ringraziava perché mi parlava a pochi centimetri.
Ogni volta che ripenso a questo pezzo del viaggio rido: ho impiegato più di un’ora a comprendere che c’era un treno così tardi per Rimini perché i ragazzi vanno a ballare. Mi sono sentita un po’ vecchia (non sono mai entrata in una discoteca).

Del weekend lungo verso Treviso non ricordo errori particolari.
L’uscita da Verona è stata un po’ incasinata e sempre per lo stesso motivo: non mi sono fidata di me e del mio senso dell’orientamento. Quando smetto di fidarmi di me stessa in sella faccio casini: mi perdo, pedalo male, non mi sento a ritmo con Wilma, ad esempio.
Fino a qui ho parlato di errori… ma è giusto definirli tali?
In certe situazioni si pensa sempre e se non lo avessi fatto… oppure era meglio fare… come se avessimo la palla di cristallo e sapessimo per certo che l’altra soluzione, l’altra strada, l’altro percorso, sarebbero stati più facili e sicuramente a lieto fine.
Ogni strada ha delle alternative, ogni percorso può essere fatto in diversi modi, ma veramente uno è migliore dell’altro? Parafrasando un commento ricevuto online: ci sono strade e cose che altrimenti non avrei visto, persone che non avrei incontrato.
A distanza di tempo da questi viaggi, mi rendo conto di come ho assimilato e sto assimilando queste avventure, delle cose che ho imparato, delle esperienze vissute. Quando le racconto rido, anche di me, e mi percepisco diversa, comunque cresciuta.
Se penso che la prima versione di questo post l’ho scritta diverso tempo fa, ed ora che l’ho ripreso in mano l’ho stravolto completamente, mi rendo conto di come ci evolviamo continuamente e di come questi errori alla fine non siano tali, ma sono esperienza.
Voglio vedere il bicchiere mezzo pieno? Può essere, in fondo posso decidere di aver sbagliato, oppure posso imparare qualcosa di nuovo.