Non ho mai parlato apertamente del mio essere vegetariana, non credevo ce ne fosse bisogno, finché non ho compreso che ogni nostra azione è politica e che finché vivremo in una società che limita l’autodeterminazione, ogni atto è politico e necessario.
Sono certa che a questo punto qualcunə avrà pensato esagerata, perché essere vegetarianə o veganə sono aspetti sociali considerati sdoganati o, più probabilmente, visti come scelte personali e, in quanto tali, non ha senso parlare di atto politico.
Sarebbe realmente così se le proprie scelte non andrebbero continuamente difese, oltre al fatto che finché penseremo che il personale non è politico, saremo in balia delle decisioni di pochз potenti che agiscono in base al proprio interesse.
Non mi ricordo esattamente l’anno, credo fosse il 2015/2016, ma ricordo esattamente il momento.
Avevo preso un kebab che avevo buttato a metà, mi aveva dato fastidio qualcosa, non era mai successo prima e mi sono limitata a pensare che potesse dipendere da un’errata cottura. Il giorno successivo il pollo arrosto ha fatto la stessa fine. Il pollo sfilacciato nell’insalata era uno dei miei pasti salvatempo e mi piaceva anche molto, ma quel giorno avevo sentito un gusto quasi chimico. Lì è scattato il click di un processo che durava da anni, dove andavo via via diminuendo l’uso di carne, sempre in bilico se diventare definitivamente vegetariana o no.
La domenica ero a pranzo dai miei genitori, mia madre aveva fatto il brasato, una delle sue ricette migliori: non sapevo con che coraggio dirglielo ma non riuscivo fisicamente a mangiare carne. È stato tutto molto buffo, mi ha filtrato il sugo del brasato (dentro c’era la pancetta) e di secondo mi sono mangiata solo le patate.
Anche ora non sono così fondamentalista, se qualche cibo è a contatto con la carne lo mangio, ma da quel giorno non ho più toccato né carne né pesce, perché, che se ne dica, una persona vegetariana non mangia nessun tipo di animale.
Un’unica eccezione l’ho fatta quasi un anno fa al sushi. Il salmone è sempre stato uno dei miei piatti preferiti ed ho ceduto a ri-assaggiarne un pezzettino: l’ho quasi sputato. Mi sono definitivamente tolta la voglia di pesce.
Una delle domande più gettonate è perché fare una scelta del genere se mi mancano i sapori, alla quale segue sempre un non mangi carne e pesce per motivi etici però mangi il formaggio, ma sai quanta sofferenza per produrlo?
È vero la mia scelta è principalmente etica. Non credo di appartenere ad una specie superiore e non voglio provocare alcun tipo di sofferenza agli animali. E proprio perché etica alcuni sapori ancora adesso mi mancano, motivo per cui ringrazio la ricerca e l’industria del cibo per la creazione di alimenti che possano in qualche modo sopperire a questa mancanza. Decidere di essere vegetariana non deve significare mangiare solo verdure perché me la sono cercata.
E so bene quanta sofferenza crea l’industria del formaggio o, più in generale, i derivati animali. Ma questa costante ricerca della coerenza assoluta continuo a vederla come una giustificazione per non cominciare mai a fare un passo verso una direzione diversa.

Del mito della coerenza ne ho scritto tantissimo tempo fa, un articolo datato ma sempre attuale, nato dalla mia decisione di essere ciclista che mi ha portato ad essere vegetariana e ad un processo di ricerca di coerenza che ben presto ho capito essere impossibile nella società attuale: per quanto cerchi di vivere in modo etico e sostenibile, quello che non dipende da te, tipo la forniture di energia elettrica, ti farà sempre cadere nella contraddizione.
Porto l’esempio più lampante dell’energia elettrica perché fino a poco tempo fa non era esplicitato in bolletta da che tipo di fonti veniva prodotta e, in ogni caso, chi afferma il 100% di fonte rinnovabile mente, perché all’interno del sistema di distribuzione nazionale tutta l’energia si mischia e non esistono corridoi preferenziali. Per essere coerentз bisognerebbe andare a vivere in una caverna e usare le candele ma ripartirebbe il problema: come vengono prodotte le candele? Sono realmente sostenibili e non provocano alcuna sofferenza animale?
Capite bene che analizzando ogni aspetto della propria Vita per forza si ricade in incoerenze, ma piuttosto che non fare nulla perché tanto è impossibile essere coerenti al 100%, trovo abbia più senso fare al meglio delle proprie possibilità e seguendo la propria etica.
Quello che invece non sopporto è il sindacare sulle scelte altrui e ricercare l’incoerenza è una manifestazione di questo comportamento che ha, come unico obiettivo, screditare le altre persone e giustificare i propri comportamenti.
Quando si parla di discriminazione si pensa alle grandi discriminazioni sociali, quelle sotto gli occhi di tuttз, delegittimando tutte le altre, sistematiche e costanti, e per questo non viste come discriminazioni.
Ma quando sei costretta a rinunciare ad eventi sociali perché sai che sarai criticata in qualche modo e sai che le tue scelte diventeranno oggetto di dibattito, sei vittima di discriminazione perché nessuna scelta in quanto tale deve diventare oggetto di discussione.
Di recente ho iniziato a produrmi i formaggi vegani, quelli in commercio non mi piacciono, e sto provando nuove ricette per farmi in casa burger e affini. Ne sono sempre stata grande consumatrice lavorando tante ore al giorno, il tempo per cucinare è sempre stato limitato. Ora che la situazione è leggermente cambiata sto sperimentando e virando sempre più verso un’alimentazione vegana, anche se il formaggio mi manca terribilmente e ancora non sono riuscita ad escluderlo in modo assoluto.
Nel momento in cui ho espresso il desiderio di diventare vegana mi è stata fatta subito notare l’incoerenza allora devi smetterla di mangiare uova. Al di là della motivazione con cui è stata detta questa frase, tra affermazioni spontanee e innocenti e altre più maliziose e cattive, il pensiero che continua a rimbalzarmi in testa da allora è che le scelte altrui non si discutono se non è espressamente richiesto, che bisogna mettersi in ascolto e basta, che bisogna sostenere e se non si è capaci si impara perché è un passo fondamentale per realizzare una società diversa, equa e rispettosa.
E quando affermo che le scelte altrui non si discutono intendo anche che non si fanno battute e non si ridicolizzano in nome dello scherzo. Per arrivare a questo punto serve molta confidenza tra le persone ed anche in questo caso rimane un terreno delicato dove la capacità di scherzare deve essere tale da non cadere mai nell’offesa e nella mancanza di rispetto.
Dopo aver letto ed ascoltato tanti punti di vista, sempre con un occhio attento all’acquisto e alla sostenibilità degli alimenti, non credo rinuncerò mai alle uova e quindi sulla carta non sarò mai vegana ma, per l’appunto, è una mia scelta non oggetto di dibattito.
Ho voluto scrivere questo post per porre l’accento su come certi comportamenti seppur sotto gli occhi di tutti non siano visti nella loro violenza e invadenza.
Seppur io creda fortemente che l’essere umano non è superiore ad alcuna altra specie, non ho intenzione di fare proselitismo (mio marito ad esempio è onnivoro, come la maggior parte di amicз e familiari), ma voglio usare la scrittura per sottolineare come il rispetto sia doveroso e oltremodo necessario all’interno della nostra società.
Il comportamento che ci porta a giudicare, se non offendere, chi ha un’alimentazione diversa dalla nostra per scelta (chi è costrettə per motivi di salute è ampiamento legittimatə) è lo stesso che ci porta a discriminare costantemente chi sentiamo diversə, attribuendo a questa diversità un pericolo ingiustificato.
Certe dinamiche partono nel piccolo, in questi ambiti sono sistematiche e considerate ragionevoli, tanto da non essere viste per quello che in realtà sono, ossia comportamenti invadenti e, in alcuni casi, violenti.
Vivendo in questa parte di mondo, ossia il cosiddetto Occidente, tutto il mio discorso ha un punto di vista parziale: una scelta vegetariana e/o vegana, che se ne dica, comporta un investimento iniziale di soldi e tempo che non tutte le persone possono permettersi. Io stessa ho iniziato con l’autoproduzione di alcuni cibi ora che sono più libera, perché inevitabilmente nell’imparare nuovi procedimenti (si va al di là della ricetta di per sé, si imparano nuovi cibi, nuovi metodi e tecniche) inizialmente si perde tempo.
L’obiettivo di questo post non è portare tuttз le persone verso un’alimentazione completamente vegetale ma, mi ripeto e concludo, puntare l’attenzione sul rispetto delle scelte altrui che equivale al rispetto della Vita altrui, che è insindacabile, non può essere oggetto di dibattito e non dipende in alcun modo dalla parte di mondo che si abita.
Pubblicare questo articolo mi ha dato il coraggio per fare un altro passo: ho aperto la rubrica Ricette Ignoranti. Parlare di cucina è sempre molto complicato, ma non sono una food blogger e non intendo diventarlo, lo spirito che mi anima è sempre lo stesso: condividere ciò che imparo.