Dall’anno scorso ad oggi ho riletto tutto quello che ho pubblicato qui sul Blog: l’idea era ripercorrermi in vista del trasloco. So per esperienza che fa sempre bene ricordarsi da dove si è cominciato. È diventato un viaggio immenso e inaspettato, meraviglioso e, soprattutto, importante.
Dal mio costante desiderio di condividere, che anima queste pagine e tutto l’Universo Ignorante, ne sono nati diversi contenuti che ho raccolto qui: come scrivo non c’è alcuna strategia dietro, lo scopo rimane quello di incoraggiare attraverso la mia esperienza. È stata una strada tortuosa, spesso solitaria e difficile: se le mie parole possono in qualche modo sostenere le altre persone ne sono felice.
In questo strano viaggio mi sono resa conto di essermi distratta (e molto) dagli obiettivi iniziali de La Ciclista Ignorante, per mille motivi ma principalmente avviare l’attività ha fagocitato tutto, forse in un certo senso è giusto così.
Ho creduto talmente tanto nel mio sogno che, come ho raccontato in alcune occasioni, sono arrivata a non mangiare, ho fatto i salti mortali e se mi guardo indietro sono più che orgogliosa di quello che sono riuscita a realizzare.
E, sempre come raccontato in tante occasioni, quello che doveva essere un mezzo alla fine è diventato un fine: la ciclofficina doveva essere l’occasione di diffondere e condividere ed invece, come ogni attività artigiana, ha risucchiato energie e progetti, si modificano le priorità, a fine giornata sei solo stanca e inizi a chiudere le idee nel cassetto a prendere polvere.
Come detto sono stra-orgogliosa di quello che ho creato e rimango fermamente convinta che questi ultimi anni siano stati la gavetta, il percorso necessario per essere dove sono ora: ho un sacco di ricordi e ogni giorno esce fuori qualche aneddoto dei miei 4 anni di attività (una buona parte di questi finiranno su YouTube), se ne scrivo ora non è per rimproverarmi qualcosa. L’ho fatto, in questo ultimo anno l’ho fatto fin troppo, è nella mia natura cresciuta a botte di hai fatto metà del tuo dovere.
Crescere così vuol dire sentirsi costantemente addosso il giudizio delle altre persone, soprattutto quelle più vicine. Di giudizio ho scritto tanto e continuo a farlo: innanzitutto ora so che questo giudizio possiamo chiamarlo pressione sociale, non è solo una persona, non è solo uno sguardo, non lo sento solo io ma rappresenta un’intera società pronta a criticarti a seconda di quanto esci fuori dal ruolo prestabilito alla nascita.
Lo so che pensi che sia esagerata ma riflettici un attimo: le frasi del tipo ma unə fidanzatə non ce l’hai oppure non hai ancora finito l’università? e un lavoro non ce l’hai? alle riunioni di famiglia, di quale mentalità sono frutto? Abbiamo imparato ad ironizzarci su, ma questo non significa che non pesino come macigni (ricorda non reagiamo tuttз nello stesso modo) e, soprattutto, rappresentano bene cosa ci si aspetta da noi.
Questo sguardo me lo sento addosso da sempre e uno dei sintomi dell’Adhd è l’ipersensibilità: ora so come mai mi scaldo tanto su alcune questioni e altre me le sento così tanto sulla pelle da stare male.
Mettere insieme tutti i punti è stato un lavoro lungo ed ho potuto farlo perché finalmente ho avuto il privilegio di potermi fermare, fermarmi a riflettere sul percorso fatto fino a questo momento.
Ho iniziato a lavorare a 18 anni subito dopo il diploma. So che molte persone penseranno beh anche io ma non faccio tutte queste storie: il fatto che non ci rendiamo neanche conto di non aver la libertà di fermarci a respirare è un altro dei sintomi di come la società agisce sulle nostre Vite.
Me ne sono resa conto perché, ripeto, ho il privilegio di aver potuto rallentare e osservarmi: vedere da dove ero partita (e il Blog, scrivere e condividere sono stati fondamentali in questo) per cercare di capire dove volevo andare.
L’idea era creare un’associazione.
Analizzando il modo di gestire la mia ciclofficina, molto più vicina ad una ciclofficina popolare che ad un’attività artigiana, ho pensato di riprendere in mano un vecchio progetto e creare finalmente l’associazione.
Ho scritto l’atto costitutivo, lo statuto, ho iniziato a parlarne cercando di coinvolgere chi mi seguiva. Mi sono interrogata se servisse veramente un’altra associazione (la risposta rimane sì al di là di quello che stai per leggere), ho iniziato a fare associazionismo nelle mie nuove zone.
Mi ripetevo costantemente l’hai già fatto, hai già creato qualcosa dal niente, puoi rifarlo mille altre volte.
Sni, come non si dice in italiano ossia si+no, sni.
Una parte di me è un po’ stanca, stanca di ricominciare sempre, stanca di dover sempre dimostrare di valere, ma questo è un altro di quei discorsi ampi che va molto oltre la mia persona.
L’altra parte di me non era convinta dei passi fatti e quando non sei convinta arriva sempre a chi hai davanti, puoi essere la più brava dissimulatrice del mondo, ma le sensazioni più vere e profonde arrivano, magari rimangono vaghe sensazioni ma ci sono, ben presenti.
Il punto di tutta la questione è che mi stavo facendo distrarre un’altra volta.
Scritto atto costitutivo e statuto ho trovato un bravo commercialista, specializzato in associazioni, che mi ha ricordato che la riforma è dietro l’angolo, che non ricadevamo in nessuna agevolazione e quindi le spese di registrazione erano comunque alte.
Nota: la registrazione serve per ottenere il codice fiscale, necessario se si vogliono soci. La sto ovviamente facendo molto semplice. Aggiungo, non senza una piccola nota polemica: un’associazione non può avere utile, il perché debba costare così tanto registrarla mi sfugge.
Per uscire da questo inghippo avremo dovuto fare le cose, concedetemi l’espressione, all’italiana, ossia cercare soci fondatori e fondatrici per arrivare alla quota minima per creare un’associazione di promozione sociale per entrare nel terzo settore e avere le agevolazioni.

Ma la mia etica non è una facciata.
Il mio voler veramente creare una società equa e partecipativa non è uno slogan, il mio desiderio di creare un’associazione in cui alle prossime elezioni interne non sarei più stata presidente non era una bella frase da storytelling.
E come potevo partire se già ora non eravamo che tre, neanche del tutto convintз? Ma soprattutto serve avere un’associazione per fare quello che vorrei fare?
L’idea mi piace ancora, perché in tutta sincerità mi manca condividere, mi manca fare le cose insieme per raggiungere uno scopo comune, mi manca avere una visione diversa dalla mia che mi aiuti ad ampliare il mio modo di vedere e interpretare ciò che mi circonda (la vado costantemente a cercare questa visione diversa ma è una faticaccia). Per quello prima dicevo che sono convinta che serva un’associazione per come l’ho pensata, ma evidentemente ora non è il momento, evidentemente devo fare ancora un altro pezzo di percorso.
Ho passato gli ultimi mesi cercando di spiegare e distinguere quello che doveva essere l’associazione da quello che è La Ciclista Ignorante, ma non c’è una reale distinzione, tutte le idee e i progetti dell’associazione sono miei, finalità attività tutto frutto della mia mente.
Ho pensato che se la raccontavo in modo diverso forse avrei avuto più credito, tutto per la pressione sociale di cui parlavo prima. Ma questa volta mi sono fermata in tempo, questa volta ho avuto il coraggio di voler seguire la mia strada.
Parlo di coraggio perché ho paura del giudizio delle persone che mi seguono, ho paura che in qualche modo si possono sentire prese in giro quando non è assolutamente mia intenzione. E scrivo proprio per dissolvere ogni possibile dubbio.
Formalmente l’associazione per il momento non nasce, ma tutte le attività e i progetti rimangono: dal creare il Magazine per з iscrittз alla Newsletter, alla ciclofficina sociale e ai corsi ad offerta libera.
Chiudo questo post parafrasando una parte di statuto (scritto per l’associazione) a cui tengo tantissimo, ossia le finalità e le attività, che non sono altro che quelle de La Ciclista Ignorante: la parte delle attività è quella più ambiziosa e che riguarda il futuro. Chi si vuole unire per dare una mano, condividere le proprie attitudini, dare suggerimenti e consigli è ben accettə: commenta qui sotto o scrivimi in privato come preferisci.