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La felicità è chimica.

Lago di Toblino, Trento. Immagine simbolo del Blog per la felicità chimica.

La felicità è chimica, è la causa, è una scelta ed è chimica.

Ogni volta che cerco di spiegare che la felicità non dipende da dove siamo, in che città viviamo, dove lavoriamo, mi ritrovo a scontrarmi con luoghi comuni e modi di pensare con cui tuttɜ noi siamo cresciutɜ.

Ci hanno insegnato che non si può essere felici, forse serenɜ, che se ti trovi male al lavoro o in una relazione sentimentale non puoi essere felice, che la felicità è un attimo e non dura. E potrei elencare mille altre frasi del genere.

Ho imparato che quella che molte descrivono come felicità in realtà è estasi: uno stato euforico temporaneo legato ad un determinato evento, più o meno importante, più o meno duraturo nel tempo.

La felicità è ben oltre, è molto di più.

La felicità è dentro di noi, è una forza interiore a cui attingere in ogni momento, è qualcosa che non va via se le cose vanno male.

Sia chiaro, ovviamente avere una bella casa, una bella auto, un buon lavoro, fa piacere a tuttɜ, e pensare che siccome la felicità non dipende da queste cose, allora si è immobili è un errore. In tutta onestà, ne sono la prova vivente.

Ho passato le ultime settimane bloccata dal panico, al lavoro è un momento veramente difficile, le paure di fare una cosa piuttosto che l’altra o, ancora peggio, la decisione di non fare per timore di smuovere in qualche modo la mia Vita, sono state protagoniste delle ultime settimane, di fatto, immobilizzandomi.

Anche se ho sperimentato mille volte nella mia Vita quanto sto scrivendo, non è automatico metterle in pratica: è una ricerca continua.

Proprio qualche giorno fa mi sono ritrovata a spiegare ad una persona che stava facendo dipendere la propria felicità da eventi esterni e, in quanto tali, mutevoli: quella felicità non sarebbe stata duratura.

Sono due le risposte che mi hanno colpito. La prima è che le mie parole sono state interpretate come immobilismo. La seconda che, se credo a quello che dico, non avrei dovuto cambiare lavoro.

L’errore di fondo di questo modo di pensare è che si vede la felicità come un punto di arrivo e non un punto di partenza.

L’articolo non è finito ma ci sono 10 secondi di réclame: leggila per favore (clicca per aprirla) 🙃❤️

Tra queste pagine ho deciso di non avere pubblicità di alcun tipo per rimanere imparziale, autonoma e indipendente. Se tra quello che hai letto hai trovato le risposte e il valore che cercavi, offrimi un caffè.

Fin dai primi mesi di assunzione nella vecchia azienda, me ne sarei voluta andare ed ho fatto di tutto per farlo, finché ho compreso che stavo scappando. Pensavo che il mio nuovo ipotetico lavoro mi avrebbe resa felice, non sapevo neanche cosa, non sapevo se ancora dipendente o in proprio, ma attribuivo a quel cambiamento la mia felicità.

Ho iniziato un percorso personale che mi ha portato a rimanere in quel posto per undici anni ed ad andarmene per scelta e non per fuga, con la consapevolezza che lì il mio compito era finito.

Non ho deciso a tavolino che sarebbero passati undici anni, ho deciso di essere felice in ogni istante, in questo modo ho potuto ricostruire me stessa, ho potuto capire cosa volevo fare, in che direzione andare, ho anche affrontato due esaurimenti nervosi ed imparato che bisogna essere grati ad ogni esperienza nella Vita.

Capite bene che non si parla certo di immobilismo, anzi. La ricerca interiore è tutto fuorché stare fermi. Non è detto che se fuori non mettiamo azioni come cambiare città o lavoro, allora siamo fermi, vuol dire preparare il terreno per quello che ci aspetta.

Siamo tuttɜ prontɜ a preparare l’esterno, dove vivere, dove lavorare, come arredare il salotto, ma dentro di noi ci guardiamo mai? Personalmente ogni tanto me lo dimentico. E qui arriviamo al titolo di questo post.

Come dicevo prima ho passato settimane di immobilismo e paura. Non che la paura sia andata via, ma diciamo che sto cercando di muovermi. Quindi da qualche parte e in qualche modo questa felicità va tirata fuori, perché, mi ripeterò fino alla fine dei miei giorni, la felicità è il punto di partenza e non di arrivo.

Il corpo umano è una macchina meravigliosa, il cervello umano qualcosa di impressionante e non riconosce un sorriso forzato da uno autentico.

Non riconosce neanche un movimento reale da uno immaginato: per riuscire ad alzarmi presto al mattino mi hanno insegnato a visualizzarmi la mattina dopo che sento la sveglia e mi tiro su dal letto, per costruire nel mio cervello i movimenti, per visualizzare la vittoria su questo mio demone.

Questa è ovviamente una spiegazione super semplice, ma il punto è che in qualche modo si può ingannare il cervello e questo serve per far produrre al nostro corpo gli ormoni della felicità. Anche in questo caso sarò imprecisa e parlerò di ossitocina e endorfine, ma appunto non sono un medico ma solo una ciclomeccanica.

Esempio pratico di quello che Vi sto raccontando. Ieri mi sono alzata tardi ed ero arrabbiatissima. La mia sfida da sempre: alzarmi presto, andare a dormire presto, lavorare in un certo modo. Niente da fare. Mi sono alzata tardi e mi sono arrabbiata moltissimo con me stessa, quindi mi muovevo in uno stato di nervosismo e fastidio che Erode in confronto era un simpatico umorista.

Presa la bici per andare in ciclofficina già stava cambiando qualcosa, perché volente o nolente quando pedalo produco endorfine, effetto droga naturale sul mio corpo.

Inizio a lavorare. Solitamente lavoro in silenzio, ma tutta quell’assenza di rumore ieri era assordante. Così ho attaccato la musica ed ho iniziato a cantare, per la gioia dei vicini visto che sono stonatissima. Non avevo voglia di cantare, ma dovevo fare qualcosa per sbloccarmi e tirare fuori felicità, perché è proprio così la felicità è chimica e, se impariamo a conoscerci, troveremo anche il modo per tirarla fuori anche quando pensiamo che non ci sia la minima speranza. La produzione di ossitocina era attivata.

A questo punto qualcuna potrà pensare che me le sto raccontando. Se mi fossi limitata a cantare e sparare cavolate, avete ragione. Ma, appunto, la felicità è il punto di partenza. Non ho eliminato per magia i miei problemi e le preoccupazioni, ma le sto affrontando in modo diverso. La differenza tra viversi una giornata con il sorriso sulla faccia ed il broncio credo sia evidente a tutte. Esattamente la stessa cosa.

Aggiungo un’ultima cosa: guardarsi dentro non è necessariamente razionalizzare ogni azione che facciamo, perché il nostro cervello è stupendo ma noi ne usiamo veramente poco.

Guardarsi dentro è osservarsi, viversi, amarsi, lasciarsi andare.

Non tutto quello che facciamo e pensiamo ha senso nel momento presente, gli avvenimenti vanno sempre visti in prospettiva e se ogni due per tre ci fermiamo ad analizzarci, ci stiamo perdendo il presente.

È fondamentale cambiare punto di vista: la felicità è la partenza, è una scelta, è la causa e abbiamo la possibilità di attivarla anche fisicamente.

Sono perfettamente consapevole di quanto sia difficile mettere in pratica tutto questo, sono sempre quella che è rimasta immobile per quasi un mese. Ora ho diverse possibilità: darmi addosso per i miei errori, darmi da fare per cambiare le cose, scegliere di essere felice a prescindere sapendo benissimo quale causa potente sia nella mia Vita.

Buona Vita e ricordate di sorridere sempre, soprattutto quando non ne avete voglia.


Ne parlo anche sul Podcast…


La Ciclista Ignorante è un progetto che ambisce a diffondere e condividere un nuovo stile di Vita, basato sull’etica, la trasparenza, la contaminazione di idee, un progetto in cui la bicicletta è sempre stato un mezzo e mai il fine. Lo scopo del Blog e di tutto l’universo connesso è incoraggiare le persone che inciampano nei miei contenuti, con uno sguardo attento a chi si sente più fragile, discriminatə, indifesə, impauritə.

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