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Formazione autodidatta: bene o male?

Dettaglio libri e rivisti che studio quasi quotidianamente.

Questo articolo l’ho scritto un po’ di tempo fa, mi riferisco prinicipalmente all’ambito digital, dove mi sono formata in modo completamente autonomo e spesso sono stata discriminata per questo, in parte ne ho sofferto. Ma ritengo che l’argomento sia universale ed applicabile a qualsiasi ambito. La scelta di una formazione autodidatta dipende da moltissimi fattori, come dico qui sotto, e sono convinta che la cosa più importante sia stare bene nella nostra pelle, è una scelta personale e strettamente collegata ai nostri obiettivi di Vita, non dovrebbe essere condizionata dal giudizio altrui o dalla paura di non essere abbastanza. Buona lettura!


Uno dei miei tarli è la formazione, teorica o esperienziale, autodidatta o classica e mi interrogo da sempre su quanto possa essere valida o meno la formazione autodidatta. I motivi sono diversi: non ho mai soldi per frequentare tutti i corsi che vorrei e soprattutto non mi basta una vita per studiare tutte le cose che mi interessano. Questi due fattori hanno fatto sì che abbia iniziato a studiare marketing da sola, come in passato ho studiato tante altre cose. Il mio ex lavoro è un esempio di come sia stata capace di studiare autonomamente quello che mi serviva per arrivare ad essere riconosciuta come esperta del mio campo.In realtà, come esaminavo in questo post, di qualche tempo fa, tra la formazione teorica e quella diretta sul campo ci sono alcune differenze importanti: una su tutte il fatto che spesso si impara non l’intera materia, ma solo lo stretto necessario per fare quel determinato lavoro. Si può pensare che, se viene richiesto quel lavoro, serva sapere solo quanto in merito, ma in realtà ho compreso nel tempo che avere un background generale di un determinato argomento significa avere una marcia in più, indipendentemente dall’applicazione pratica. Il difficile a volte è crearsi questo bagaglio generale.

Tolte tutte quelle professioni in cui per legge serve un diploma o una laurea, attualmente, con la diffusione di internet e di tutte le attività correlate, sono moltissime le professioni che non necessitano (per il momento) di un pezzo di carta (in questo articolo parlo di digitale ma anche per fare la ciclomeccanica non serve alcun tipo di certificazione in Italia). Professioni che in ogni caso richiedono specifiche conoscenze e competenze.

Sono consapevole che una laurea non crea un professionista, serve la pratica con i suoi tanti errori, ma prendo la laurea come esempio di un percorso di formazione.

Faccio un doveroso e, forse, antipatico inciso: la professionalità e la competenza nel lavoro sono condizioni imprescindibili. In questo articolo do per scontato che quando parlo di professionistз siano tali, ossia persone che hanno approfondito realmente il proprio ambito professionale, da tutti i punti di vista necessari.

Detto questo, quindi, come formarsi?

Corsi più o meno famosi, riconosciuti, più o meno costosi oppure da autodidatta? Un metodo esclude l’altro? Ma soprattutto, un metodo è più importante di un altro?

Inizio dalla fine e Vi dico che non lo so e che non credo al bianco o al nero, protendo alle sfumature non solo di grigio.

Va da sé che se una persona è molto interessata ad una materia, ma non ha la disponibilità economica di seguire un corso (universitario, professionale, online, etc etc…), la prima cosa che può sicuramente fare è studiare per conto proprio. Oggi internet è sicuramente tra gli strumenti più potenti ed utili in casi come questo: il difficile è discernere le fonti, trovarle, capire se sono idonee o meno. Ma tutto questo può anche essere un vantaggio.

In un corso universitario quanta libertà abbiamo in merito? Molto poca: possiamo cambiare università o, a seconda del piano di studi e se ce n’è la possibilità, scegliere un professore piuttosto che un altro, ma di fatto è l’ateneo che ha l’ultima parola. È anche vero che ogni realtà universitaria ha una sua aurea di prestigio più o meno riconosciuta e che, soprattutto, la laurea è una certificazione (quasi) universale. Anche nell’ipotesi in cui si cambiasse nazione può essere, in molti casi, convertita o integrata (argomento complesso che esula dallo specifico di questo post). Non esistono lauree per tutte le professioni e, come detto, la laurea di per sé non vuol dire niente. Esistono, però, migliaia di corsi di tutti i tipi, sui più svariati argomenti, tenuti da diverse aziende e formatori. Questo tipo di certificazioni non ha un riconoscimento assoluto, per sapere se sono più o meno valide ci si affida alle recensioni online e, inoltre, possono variare moltissimo i costi.

Come riconoscere, ad esempio, un corso valido in ambito seo? Oppure in social media marketing? Perché uno costa 200 ed un altro 2000? È così scontato che il costo elevato sia sinonimo di qualità? Tutte domande che mi sono posta nel tempo e tutte le volte che ho cercato un confronto non è andato a buon fine. Solitamente a questo punto della discussione mi viene detto che il confronto bisogna farlo con chi non la pensa come me, altrimenti non è un confronto.

È esattamente quello che faccio, peccato che ho una serie di risposta copia-incolla da cui non esco, se non continuando a imparare per i fatti miei. Cosa intendo per risposte copia-incolla? Risposte superficiali, che non approfondiscono l’argomento, che non indicano fonti da leggere e da studiare.

C’è chi dice che la formazione autodidatta non può bastare, che proprio perché ci sono tutti questi corsi non si hanno più scuse per non avere almeno una certificazione nel campo in cui vogliamo lavorare. Inoltre mi è stato fatto notare che un’autodidatta non ha possibilità di confronto perché studia in modo autonomo.

Formazione autodidatta 02

Parto da quest’ultima affermazione per specificare che autodidatta significa studiare da soli ma non per forza senza confronto. Un’autodidatta è una persona estremamente motivata ad approfondire una materia, indipendentemente dalle proprie finalità, sviscera l’argomento scelto in tutti i modi possibili, tra cui il confronto con chi ne sa. Grazie alla tecnologia, c’è un’ ampia possibilità di confronto con le/gli espertз del settore anche se, come per la scelta delle fonti, a volte è difficile capire chi lo è veramente (ricordate la questione delle risposte copia-incolla?).

Per quanto riguarda le certificazioni, alla vasta offerta formativa non corrispondono criteri reali ed oggettivi di valutazione in merito per cui credo che il dover per forza averne sia un modo di pensare errato. Forse l’unica distinzione che si può fare è tra un libero professionista ed una persona che vuole lavorare come dipendente. Un libero professionista parla attraverso il proprio lavoro, il cosiddetto portfolio: se assumi un esperto seo poco ti importa dove ha studiato, ti interessa sicuramente sapere con chi ha lavorato e che risultati ha ottenuto. Un futuro dipendente che cerca posto in azienda invece come fa? Cosa scrivi sul curriculum vitae? I libri che hai studiato? Lì per lì, quando queste domande mi sono state poste, pensavo che il mio interlocutore avesse ragione nel dirmi meglio scrivere che hai preso quella data certificazione. Ma ora mentre scrivo non sono più così convinta. Chi mi impedisce di scrivere quello che ho studiato e le competenze che ho acquisito?

So bene che questo discorso è borderline, il mio idealismo mi porta verso questo tipo di considerazioni, consapevole che esiste una realtà un po’ più dura. E sono la prima ad avere la fissa di non essermi laureata. Non escludo la possibilità che il mio modo di ragionare sia errato, di certo ho deciso che per fare un corso di qualche ora, giorno, mese, da cui ricaverò un certificato che ha valenza legale pari a zero, preferisco (al momento) studiare da autodidatta. Probabilmente ragiono così perché non ho più intenzione di farmi assumere come dipendente, ma penso anche che finché le aziende continueranno a valutare in base ai pezzi di carta piuttosto che alle competenze, avremo sempre un problema di professionalità reale.

So cosa state per dire: in un colloquio mica sai cosa sa fare la persona che hai davanti? In un colloquio no, il colloquio non serve a valutare le competenze ma la personalità, tutto il resto arriva con i periodi di prova dove ci si conosce reciprocamente per capire se può nascere un rapporto lavorativo. Ma sto divagando.

In sintesi, cosa penso della formazione autodidatta? Come per tutte le cose, c’è quella fatta bene e quella fatta male.

Non dovrebbe essere demonizzata di per sé, bisognerebbe iniziare realmente, a tutti i livelli, a considerare chi abbiamo davanti, al di là di (tutti) i pezzi di carta.


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2 commenti su “Formazione autodidatta: bene o male?”

  1. Ciao,
    La tua riflessione mi è piaciuta molto e devo dirti che è da un po che meditavo su questo concetto.
    Tutto è nato nell’ultimo mio periodo lavorativo quando ho incontrato diverse persone che hanno cercato in modo autonomo di metter in piedi soluzioni che rispondessero alle esigenze della azienda. Ma a posteriori di questo mi sono accorto che forse per mancanza di tempo, per impellenti escalation su altri fronti, queste soluzioni si sono dimostrate un dispendio di energie nel mantenerle e nell’utilizzare, perchè non si aveva padronanza della materia.
    Ma forse come racconti tu, ci sono diversi modi di esser autodidatta e magari non tutti sono bravi in questo.
    Grazie del tuo racconto.
    Ciao
    Stefano

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