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Museo dei Campionissimi: il museo che non ti aspetti.

Museo dei Campionissimi, il soffitto. Giugno 2018. Dettaglio.

È la prima volta che faccio qualcosa con il preciso scopo di scriverne sul blog. Solitamente i miei post nascono da esperienze vissute o da illuminazioni parziali nate pedalando. Questa volta è stato diverso: ho deciso di fare una gita a Novi Ligure, per visitare il Museo dei Campionissimi e scriverne. Ne avevo sentito parlare diverse volte, è vicino a casa, un peccato non visitarlo: così un sabato a caso sono andata.

La sorpresa

La sera prima ne ho scritto sulla pagina facebook, taggando il museo.
Non c’era nessun secondo fine in questo gesto. Ho poi messo il cellulare in modalità aereo e mi sono messa a dormire.
La mattina dopo, ricollegato il cellulare, ho trovato un messaggio alla pagina di una certa Barbara: mi informava di una serie di attività legate al museo per la promozione e la valorizzazione del Novese.
Ero ancora mezza addormentata e lì per lì non ho capito bene cosa avessi letto.
Decido che sul treno, con un po’ più di calma, avrei riletto il messaggio.
Barbara è la responsabile di un progetto per la valorizzazione del territorio di cui fa parte La Volata del XX Secolo, una serie di eventi che hanno come filo conduttore la bicicletta.
Così, da un tag del tutto casuale e spontaneo, vengo a scoprire che proprio sotto i portici di fronte alla stazione, è allestita una mostra di illustrazioni Il Magnifico Viaggio, e che nel pomeriggio Barbara sarà a Novi per un giro conosciutivo del borgo, che si concluderà al Museo dei Campionissimi.
Decido di non prendere nessuno impegno ma mi riservo di raggiungerla se ne avrò voglia.
Ci salutiamo cortesemente, scambiandoci i numeri di telefono, e mi comunica che al museo mi aspettano con un ingresso riservato.
Nessuno ha potuto fotografare la mia faccia in quel momento, e neanche quando arrivata al museo mi sono sentita dire l’aspettavamo. Non ho taggato nè scritto su facebook per questo scopo, e non manco di comunicarlo perchè mi dispiacerebbe si pensasse una cosa del genere. La risposta di Barbara mi rincuora immediatamente: un semplice Lo so.
Non mancherò di comunicarle, nel pomeriggio appena la incontro, che questo blog non è che faccia quali numeri, che non si aspetti chissà che: mi risponde con un sorriso ed un Ma va.
Felice di aver conosciuto una persona così (rara): il Museo si rivelerà stupendo, e l’amore per la bicicletta, ancora una volta, diventa l’occassione per fare incontri belli e spontanei.

Dopo un breve giro per Novi, con tappa al Parco del Castello (ammetto di esserci rimasta male, mi aspettavo un castello ed ho incontrato una torre… in compenso il parco è stupendo), mi dirigo al museo.
È stato molto divertente nel pomeriggio rifare il tour con Barbara come guida.

Un po’ per ringraziarla della disponibilità, un po’ per curiosità, un po’ perchè al museo ho finito tardissimo ho deciso appunto di aspettare le 15 per conoscerla, ed ho fatto bene: Novi mi è piaciuto subito e mi sono sentita a casa.

Non a caso ho scoperto dello stretto legame commeriale con Genova e che è, appunto, stata costruita dagli architetti genovesi.

MdC Volata del XX Secolo Illustrazioni 05 dettaglio

Il Museo

Dopo 10 minuti a piedi dal centro sono approdata in Viale dei Campionissimi: è vero, il nome non è per niente originale, ma l’ho trovato comunque bellissimo. Ho sorriso manco fossi arrivata a casa.
Il Museo è grande e si articola su due piani.

Il piano terra ospita la mostra Appese ad un filo – Storia di marionette della famiglia Pallavicini.
Cosa c’entrano le marionette con il ciclismo? Niente. La connessione è la famiglia Pallavicini, che si trasferì a Novi Ligure verso la fine della seconda guerra mondiale: la storia della loro compagnia marionettistica arriva fino al 1968, dove con la morte di Gino Pallavicini si considera chiusa l’attività. Gli eredi hanno deciso di dedicarsi ad altro e hanno donato le marionette al museo.
Ad essere sincera a me le marionette fanno un po’ impressione: quello che mi ha colpito è la storia che raccontavano, la storia di una famiglia, di una lunga tradizione nata ai primi dell’800 ed arrivata fin oltre la metà del novecento.

Al primo piano il Museo vero e proprio: diverse sale e moltissime cose da vedere.

L’ho visitato millimetro per millimetro, due ore e mezza e un rientro a casa con più di 500 foto.

Ho iniziato dalla mostra temporanea nella sala espositiva uno: Una Ruota che Gira, aperta fino all’8 luglio.
La mostra narra della Milano-Sanremo fin dalla prima edizione, 1907, attraverso i campioni italiani, primo su tutti Costante Girardengo.
La particolarità di questa mostra non sono solo le gesta dei grandi campioni: le conosciamo più o meno tutti, anche chi come me non segue il ciclismo agonistico. La chicca è la parte dedicata al Teleracconto e come il progresso, e con esso, l’arrivo delle prime macchine fotografiche e della radio, e poi della televisione e del telefono, abbiamo cambiato il modo di raccontare lo sport, fino ad arrivare a quel che per noi oggi sono la normalità, e cioè le trasmissioni sportive.

Nella Sala I Campionissimi la storia di Girardengo e Coppi dalla nascita alla morte, attraverso foto e filmati.
Fuori dalla sala, l’esposizione delle maglie dei vincitori del Giro d’Italia e delle maglie delle nazioni ciclistiche del mondo.
Ho curiosato all’interno del laboratorio d’arte, fotografando alcune opere di cui ignoro gli autori, ed ho passato più di mezz’ora nel visitare la mostra A Ruota Libera sul ciclismo femminile, che narra le vicende in rosa partendo dalle grandi imprese dell’800 ad oggi, con approfondimenti sul Tour de France e il Giro d’Italia al femminile, e sulle atlete diversamente abili.

Sono stata felice di sapere che questa parte del museo verrà ampliata: del ciclismo femminile si parla troppo poco, ed ancora adesso le difficoltà per gli sport femminili non mancano.

Musei dei Campionissimi, le bici dei mestieri. Giugno 2018.

Una sezione del museo è dedicato alle Bici dei Mestieri, dal vigile urbano all’arrotino. Sono anche esposte diverse bici di marchi novesi. La chicca, che non ho mancato di fotografare: un triciclo d’epoca.
Nella stanza dei cimeli la storia della bicicletta in miniatura e la storia, attuale e combattuta, sull’uso del casco in gara: ho scoperto, ad esempio, che Pantani era contrario, e preferiva pedalare armato solo della sua bandana.
La videoteca non era attiva, ma nella sala erano esposte diverse foto storiche del Giro dal 1909 al 2003. Qui ho scoperto la storia di Giuliano Calore e del ciclismo estremo: esposta la sua bici senza manubrio e freni.

E poi il salone centrale, l’enorme salone centrale.

Ai lati esposte diverse biciclette di grandi campioni e grandi campionesse, nelle teche riprodotte le prime pagine dei giornali sportivi che narrano le gesta di questi eroi e di queste eroine; le grandi colonne ospitano ampi pannelli e sagome con la storia dei due campioni: Coppi e Girardengo.

Al centro due pedane: la più piccola, a ridosso della scalinata centrale, con la ricostruzione della bici di Leonardo (da Vinci); la più grande ospita diverse biciclette, attraverso cui ne racconta la storia dall’800 ad oggi.

Qui si possono vedere le prime evoluzioni della bici di Leonardo, le prime bici in legno, l’evoluzione dello sterzo, le biciclette con i primi cambi, tra cui il Vittoria Margherita, fino ad arrivare ad oggi con bici da corsa in carbonio (Colnago Ferrari CF3) e diversi modelli di mountain bike bi-ammortizzate.
La particolarità di questa pedana, oltre a quello che c’è sopra, è come è stata allestita: parte con la simulazione di un fondo in pietra e terriccio per diventare uniformemente grigia, l’evoluzione della bicicletta e delle strade, dal terricco all’asfalto.

Nel salone centrale si trovano anche Le Bici d’Artista*: dieci pedane singole con altrettamente biciclette in legno, riprodotte secondo il periodo artistico del momento (da Picasso a Pollock, passando per tutto quello che c’è in mezzo), delle vere e proprio opere d’arte.

Ancora una volta la bicicletta è filo conduttore della storia dell’uomo, attraversa i secoli e ce li racconta.

Quanto è difficile scrivere un post come questo senza sembrare noiosa, o ridursi ad una mera telecronaca di quel che si è visto. Ci sono volte che le parole non bastano per descrivere le emozioni.
Non seguo il ciclismo agonistico, ed ero dubbia su cosa avrei trovato. In più originariamente dovevo essere in compagnia, ma purtroppo per impegni di lavoro della mia amica mi sono ritrovata da sola.
Cosa ci va a fare una ciclista urbana, pseudo blogger, che non segue il Giro d’Italia e non fa gare a leggere di imprese ciclistiche?

Anche io, totalmente ignara di questo mondo, mi sono emozionata leggendo di questi campioni, della loro storia. E poi lei, la grande protagonista, la bicicletta e la sua storia al centro di tutto.

Non solo ciclismo agonistico, non solo Giro d’Italia, non solo Coppi e Girardengo: il Museo dei Campionissimi è molto altro, è la storia di uomini e donne, è la storia di questo mezzo unico che è la bicicletta.

Delle 500 e passa foto ne ho selezionate poco più di 160: qui la galleria fotografica.

MdC Selfie con Campionissimo 04 dettaglio

Banalissimo chiudere il post con un Andate a visitare questo museo se non ci siete già stati. Allora chiuderò con un Se non lo avete già visto andate a visitare il Museo dei Campionissimi, ma anche Novi Ligure, e non mancate di comprarvi la mascotte l’Airone Campionissimo*.
(*questi nomi sono mia invenzione)

3 commenti su “Museo dei Campionissimi: il museo che non ti aspetti.”

  1. Bel post, è tanto che vorrei visitare questo museo, chissà se riesco entro quest’anno. Ma l’airone campionissimo non lo posso comprare….io sarò sempre per Bartali.

      1. Airone e Campionissimo erano due soprannomi di Coppi. La rivalità tra Coppi e Bartali è qualcosa che va oltre il ciclismo sportivo.

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