Aggiornamento del 12 maggio 2022.
Solitamente quando non ricordo un articolo è perché l’ho “vomitato” qui in un momento di scazzo o forte emozione, una cosa che facevo molto spesso in passato, una cosa per cui sono felice: scrivere rimane catartico e potente, rileggermi è ritrovarmi. Auspico che chi passa tra queste pagine possa sentire emozioni simili.
Quando ho scritto l’articolo qui sotto (20 giugno 2017), sul blog non c’era ancora la sezione parità di genere, è arrivata dopo, quando ho aperto la ciclofficina. Non che prima non avessi subito discriminazioni, anzi, ma con il cambio di Vita si è fatta ancora più forte in me la voglia di fare la differenza e denunciare ciò che non va.
Possiamo sinceramente affermare che viviamo in un’epoca in cui la donna può dirsi realmente emancipata? Senza andare nello specifico di alcune situazioni nel mondo e rimanendo nel cosiddetto occidente, è vero che la donna ormai ha raggiunto un grado di indipendenza, riconoscimento e rispetto, uguale all’uomo?
Secondo me no, e ne è la riprova la domanda che da sempre mi sento fare, ossia ma viaggi da sola?
Domanda dalle emozioni più diverse: mia madre la dice con terrore, perché una donna (nello specifico la sua bambina) che viaggia da sola rischia di più; le mie amiche con ammirazione perché loro non avrebbero mai il coraggio. Ad essere sincera non ho ancora incontrato gente che disprezzasse questa cosa, ma ho incontrato chi, a fronte della mia esperienza, mi ha trattato da idiota perché sono solo una donna e non capisco niente.
Sul web ho chiesto ai miei contatti sui social cosa pensassero di una donna in solitaria che viaggia o si allena in bicicletta e le risposte sono state tante e variegate: da chi prova invidia (perchè per diversi motivi non può fare la stessa cosa), a chi dice che le donne hanno una marcia in più, a chi non vede nessuna differenza tra uomo e donna.
Personalmente, mi rendo conto di essere io stessa vittima del mio stesso pregiudizio.
Ogni volta che vedo in rete una donna che raggiunge pedalando qualche passo famoso (con classica foto di lei sotto il cartello turistico di riferimento) mi stupisco, se nella stessa foto c’è un uomo lo trovo normale. Come se per una donna, ad esempio, fare 1800 mt di dislivello fosse più faticoso rispetto ad un uomo. Ma è così?
Curiosando in rete in merito a questo argomento ho scoperto diverse cose.
Ho scoperto, ad esempio, che il Giro d’Italia è solo maschile, non ci avevo mai fatto caso. Che esiste il Giro Rosa, ossia il Giro d’Italia al Femminile. Ho letto la storia di Alfonsina Strada, unica donna ad aver mai fatto il Giro.
Riflettendo mi sono accorta che tutti gli sport, o quasi, sono divisi in donne e uomini. Tutte cose date per ovvie, su cui non ci si sofferma più di tanto.
Ma perché queste distinzioni?
Perché siamo fatti diversamente: muscolatura, altezza, baricentro, massa grassa, massa magra e tutta una serie di altre cose che non saprei neanche elencare. Siamo progettate per partorire, quindi alta soglia del dolore e della resistenza, ma siamo meno potenti. In sintesi ci sono differenze genetiche oggettive.
Questo basta per pensare che a parità di percorso una donna faccia più fatica di un uomo e se raggiunge gli stessi risultati è perché ha una marcia in più? Non lo so. Quello che so, che ho vissuto sulla mia pelle, è che il Medioevo non è finito.
Una donna rispetto ad un uomo viene, quasi sempre, considerata in due modi: elogiata o snobbata. O è una grande perché fa quello che fa, o è un’idiota che non merita di stare dove è. Ma, quasi mai, viene semplicemente considerata come una persona che viaggia (o si allena) in bicicletta.
Generalizzo troppo? Può essere, ma finora, nel mio recente approccio al ciclismo, e soprattutto, alla ciclomeccanica, le volte che sono stata considerata alla pari dei miei colleghi uomini si contano sulle dita di una mano. E buona parte delle considerazioni che leggo online, confermano questa mia tesi.
Quando rifletto su questi argomenti, mi capita di pensare alle ragazze di kabul, o alle donne iraniane, maltrattate o arrestate perché vanno in bici.
Allora penso che sono fortunata (a vivere in questa parte di mondo), e che la bici ha sempre rappresentato e sempre rappresenterà la libertà. E la libertà a molti fa paura.
L’immagine utilizzata per questo articolo è un mio quadro, se sei curiosə puoi fare un giro qui.
Le mie amiche che non avrebbero mai il coraggio sono un must per noi donne che viaggiamo da sole. Eppure puoi andare ovunque da sola e a parte alcuni Paesi non siamo più esposte ai rischi rispetto ai maschi.
Guarda credo che la questione non riguardi solo la bici e i viaggi in bici ma, più in generale, molti aspetti della vita, dal lavoro, agli studi ecc.. È vero che, in occidente, abbiamo fatto tantissimi passi avanti ma c’è ancora molto lavoro da fare. Per cui non mi stupisco più di tanto dei commenti al tuo post su Facebook. Ciò che importa è non lasciarsi condizionare da certo modo di pensare e andare avanti per la nostra strada. Quando son salita in bici se avessi dato ascolto a tutti i miei detrattori avrei dovuto lasciare perdere dopo cinque minuti! Adesso, che son trascorsi 18 anni, io vado pedalo ancora mentre molti di loro hanno appeso la bici al chiodo e guardano con una certa invidia il mio percorso. Quindi avanti senza paura ?????
Grazie del tuo passaggio… Condivido. Ma infatti non dò retta a nessuno. Di certe cose però rimango amareggiata, in generale amo il confronto, e la saccenza fine a se stessa che mi urta un po’.
Per il resto io continuo a pedalare… Alla faccia di chi critica ogni km per come lo faccio… Intanto ad ogni viaggio acquisisco esperienza e soprattutto mi diverto ?